Emergenza Caldo e Sicurezza sul lavoro: cosa dice la legge?

Durante i mesi estivi, l'innalzamento delle temperature può trasformare l'ambiente di lavoro in un rischio per la salute dei lavoratori. È proprio in questi momenti che il datore di lavoro ha il dovere, previsto dall'art. 2087 del Codice Civile e dal D.Lgs. 81/08, di tutelare l'integrità fisica dei lavoratori. Ma quando il caldo può essere considerato un rischio? E quali sono le misure da adottare?

Quando il caldo può rappresentare un rischio?

Il caldo eccessivo rappresenta un vero rischio per la salute dei lavoratori, soprattutto nei contesti dove si lavora all'aperto, in ambienti chiusi non ventilati o con indumenti protettivi pesanti. La condizione più pericolosa è lo stress termico da calore, una situazione in cui il corpo non riesce a disperdere il calore accumulato, con conseguenze anche gravi.
Secondo le linee guida INAIL, non esiste una temperatura limite universalmente valida. Il rischio va valutato considerando temperatura, umidità, ventilazione, esposizione solare, tipo di attività fisica e condizioni individuali del lavoratore. Per questa valutazione si utilizza spesso l'indice WBGT (Wet Bulb Globe Temperature), che tiene conto di tutti questi fattori.

Quali sono i sintomi di un colpo di calore?

Il colpo di calore è la forma più grave di stress da caldo e può portare a conseguenze fatali. I sintomi da riconoscere includono:

  • Pelle calda, arrossata e secca;
  • Temperatura corporea elevata (oltre i 40°C);
  • Mal di testa, nausea, vomito;
  • Vertigini, affaticamento, confusione mentale;
  • Alterazioni del comportamento o perdita di coscienza.

Cosa fare in caso di colpo di calore?

  • Chiamare immediatamente il 118;
  • Portare il lavoratore in un luogo fresco o climatizzato;
  • Applicare impacchi freddi e favorire la ventilazione;
  • Monitorare le condizioni in attesa dei soccorsi.

Cosa dice la normativa: articolo 2087 e D.Lgs. 81/08

L'art. 2087 del Codice Civile impone al datore di lavoro l'obbligo di adottare tutte le misure necessarie a proteggere l'integrità fisica e morale dei lavoratori. Questo vale anche per i rischi derivanti da temperature elevate.
Il D.Lgs. 81/08, agli articoli 15 e 28, rafforza questo principio, imponendo di valutare il rischio microclimatico e adottare misure organizzative e tecniche per prevenirlo. Tra le principali:

  • Modificare gli orari di lavoro per evitare le fasce più calde;
  • Garantire aree di riposo e sistemi di ventilazione;
  • Fornire acqua potabile in quantità sufficiente;
  • Formare i lavoratori su rischi, sintomi e misure da adottare.

In caso di omissione, il datore di lavoro può incorrere in sanzioni amministrative, civili o penali. Il lavoratore ha il diritto di segnalare situazioni critiche al RLS, all'ASL o all'Ispettorato del Lavoro.

Linee guida INAIL: cosa prevede la prevenzione

Le linee guida INAIL offrono strumenti pratici per prevenire i rischi legati al caldo. Il più importante è l'utilizzo dell'indice WBGT, che consente di valutare in modo oggettivo il livello di rischio microclimatico e definire interventi adeguati.

Le misure consigliate includono:

  • Organizzare turni intelligenti, anticipando l'orario o posticipando le attività più faticose;
  • Garantire pause regolari in aree ombreggiate o climatizzate;
  • Fornire acqua fresca e promuovere l'idratazione continua;
  • Preferire abiti traspiranti e ridurre l'uso di DPI non necessari durante le ore più calde;
  • Informare e sensibilizzare i lavoratori sul riconoscimento dei sintomi da stress termico.

Particolare attenzione va data ai soggetti fragili: in questi casi, il medico competente può raccomandare limitazioni temporanee alle mansioni più a rischio.

Cosa devono fare i datori di lavoro nei giorni più caldi?

Nei giorni di allerta per caldo eccessivo, il datore di lavoro deve mettere in atto tutte le misure di prevenzione disponibili. Oltre alla valutazione del rischio, è necessario agire sul piano operativo per garantire un ambiente sicuro.
In sintesi, ecco le azioni principali da adottare:

  • Adattare l'orario lavorativo per evitare le ore più calde (es. 12:00-17:00);
  • Installare zone di riposo con ombra o ventilazione;
  • Distribuire dispositivi di protezione adatti al clima (cappelli, occhiali, abbigliamento traspirante);
  • Promuovere l'idratazione con acqua sempre disponibile e facilmente accessibile;
  • Formare il personale su come riconoscere e affrontare lo stress termico;
  • Stabilire procedure di emergenza in caso di malori o colpi di calore.

Una gestione attiva e consapevole del rischio caldo non è solo un dovere legale, ma anche uno strumento per tutelare la salute, prevenire infortuni e ridurre i fermi produttivi.

Cosa può fare il lavoratore se fa troppo caldo per lavorare?

In caso di caldo eccessivo, anche il lavoratore ha il diritto di tutelare la propria salute. Sebbene non esista un limite di temperatura fissato dalla legge, il principio di tutela della salute è garantito sia dal D.Lgs. 81/08 sia dall'art. 2087 del Codice Civile.

Quanti gradi devono esserci per non lavorare?

Non esiste una soglia di temperatura oltre la quale scatta automaticamente il diritto a rifiutarsi di lavorare. Tuttavia, in presenza di condizioni ambientali rischiose e senza misure di prevenzione adottate dal datore, il lavoratore può agire per segnalare il problema.
Le segnalazioni possono essere rivolte a:

  • RLS - Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza;
  • Datore di lavoro o responsabile del servizio prevenzione e protezione (RSPP);
  • ASL, Ispettorato del Lavoro o organizzazioni sindacali.

Quando ci si può rifiutare di lavorare per il caldo?

Il lavoratore può interrompere l'attività solo in caso di pericolo grave e immediato, se il datore non interviene e le condizioni sono oggettivamente rischiose. Diverse sentenze della Corte di Cassazione hanno riconosciuto la legittimità di tali comportamenti, purché proporzionati e documentati.

Il ruolo attivo del lavoratore

Ogni lavoratore ha il diritto - e il dovere - di segnalare situazioni critiche, riconoscere i sintomi da stress termico e collaborare alla sicurezza collettiva. La formazione e l'informazione sul rischio caldo sono strumenti fondamentali per agire con consapevolezza.

Ordinanze regionali: quando è previsto lo stop ai lavori

In assenza di una norma nazionale che stabilisca un limite termico vincolante, molte Regioni italiane hanno adottato ordinanze temporanee per sospendere il lavoro in caso di ondate di calore.
Ad esempio, Regioni come Sicilia, Puglia, Lazio, Calabria e Campania prevedono il divieto di attività all'aperto (soprattutto in edilizia e agricoltura) nelle fasce orarie più calde, solitamente tra le 12:30 e le 16:00, nei giorni in cui il bollettino del Ministero della Salute segnala allerta livello 3.

Quando si applicano queste ordinanze?

Le ordinanze sono attive solo in presenza di condizioni specifiche e si riferiscono a:

  • Lavori fisicamente impegnativi sotto il sole diretto;
  • Assenza di ventilazione naturale o artificiale;
  • Mancanza di pause e idratazione adeguata.

Il datore di lavoro è tenuto a rispettare queste ordinanze. Il mancato rispetto può comportare sanzioni e, in caso di infortunio, anche responsabilità penale.

📌 Consiglio utile: è possibile consultare ogni giorno il bollettino ministeriale delle ondate di calore e i siti regionali per verificare la presenza di restrizioni.

Rispettare le ordinanze locali è fondamentale per la tutela dei lavoratori e per la continuità delle attività in condizioni di sicurezza.

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