Violenza e molestie sul lavoro: la Convenzione 190 e gli obblighi dei datori di lavoro

Violenza e molestie nei luoghi di lavoro sono ancora oggi una realtà diffusa, spesso sottovalutata, che danneggia le persone e compromette il clima aziendale. In particolare, la violenza di genere colpisce in modo sproporzionato donne e ragazze, impedendo pari opportunità e lavoro dignitoso. Per contrastare questi fenomeni, l'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) ha adottato la Convenzione 190, che riconosce il diritto a un ambiente di lavoro libero da violenza e molestie. L'Italia l'ha ratificata nel 2021, impegnandosi ad applicarla. Inoltre, il Nuovo Accordo Stato-Regioni del 17 aprile 2025, ha posto un ulteriore accento sul fenomeno ponendo i contenuti della Convenzione 190 tra gli argomenti da trattare all'interno dei corsi obbligatori in materia di sicurezza sul lavoro ai sensi dell'articolo 37.Un passaggio che coinvolge direttamente i datori di lavoro, chiamati a formare, prevenire e intervenire. In questa guida, vediamo cosa prevede la Convenzione e cosa bisogna fare, in pratica, per essere in regola e proteggere davvero le persone che lavorano.

Cos'è la Convenzione 190 dell'OIL

La Convenzione 190 è uno strumento internazionale approvato dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro per riconoscere ufficialmente che la violenza e le molestie non devono avere spazio nel mondo del lavoro. Non si tratta solo di una dichiarazione di principio, ma di una base normativa condivisa che chiede agli Stati membri di impegnarsi per prevenire questi fenomeni e tutelare chi lavora. La Convenzione promuove in tutti i contesti lavorativi, sia pubblici che privati, una cultura fondata su:

  • dignità;
  • sicurezza;
  • parità di trattamento.

Il suo scopo principale è fornire un quadro di riferimento comune per individuare, contrastare e gestire comportamenti inaccettabili che possono causare disagio, danno o esclusione. In questo modo, rappresenta un passo concreto verso ambienti di lavoro più rispettosi, equi e inclusivi.

Quali sono le tipologie di molestie sancite nella Convenzione 190?

La Convenzione 190 definisce in modo ampio cosa si intende per violenza e molestie nel mondo del lavoro, includendo sia i comportamenti evidenti che quelli più sottili ma comunque dannosi. Prima di scendere nel dettaglio, però, chiariamo la differenza che c'è tra i due termini a livello normativo:

Molestia sul lavoro Comportamenti indesiderati che hanno lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.
Violenza sul lavoro Episodi in cui il personale è abusato, minacciato o aggredito in circostanze legate al lavoro, compreso il tragitto da e verso il luogo di lavoro, con conseguenze esplicite o implicite sulla salute, sicurezza o benessere.

Insomma, il testo si scaglia contro qualsiasi comportamento, anche isolato, che causa o minaccia di causare danni fisici, psicologici, sessuali o economici a una persona, nel contesto lavorativo, distinguendo in particolare due categorie: le molestie o violenze sul lavoro in senso ampio, e quelle legate al genere.

Tra le violenze e le molestie legate al contesto lavorativo rientrano:

  • minacce, insulti, aggressioni fisiche o verbali;
  • umiliazioni pubbliche;
  • comportamenti intimidatori;
  • isolamento o esclusione intenzionale dal gruppo di lavoro;
  • pressioni indebite o ricatti sul piano professionale.

Le violenze e le molestie di genere, invece, riguardano tutti quei comportamenti che colpiscono una persona in quanto donna o uomo, o che si basano su stereotipi, squilibri di potere e discriminazioni di genere. Esempi tipici sono:

  • molestie sessuali (fisiche o verbali);
  • commenti o allusioni a sfondo sessuale non richiesti;
  • gesti o contatti indesiderati;
  • trattamenti peggiorativi verso donne o persone LGBTQIA+.

Queste forme di violenza colpiscono sproporzionatamente le donne e sono spesso legate a contesti lavorativi con forti gerarchie o scarsa attenzione alla cultura del rispetto. Le disposizioni della convenzione C 190 non si applicano solo all'interno dei luoghi di lavoro in senso stretto, ma a tutte le situazioni che avvengono in occasione di lavoro. Questo approccio esteso riconosce che la violenza o la molestia possono verificarsi anche fuori dall'ufficio, ma avere effetti diretti sul benessere e sulla sicurezza lavorativa.

In generale è importante sottolineare che la Convenzione promuove la politica della tolleranza zero, e ciò significa che anche un solo episodio può costituire molestia, soprattutto se avviene in un contesto di potere squilibrato o se produce un danno significativo.

Quali sono i soggetti tutelati dalla convenzione?

La Convenzione protegge chiunque sia coinvolto nel mondo del lavoro, indipendentemente dal tipo di contratto o dalla posizione professionale. A scopo esemplificativo, ecco alcuni dei soggetti tutelati:

  • Lavoratori e lavoratrici dipendenti;
  • Collaboratori e collaboratrici autonome;
  • Tirocinanti, stagisti, apprendisti;
  • Ex lavoratori e lavoratrici;
  • Persone in cerca di occupazione o candidate a un impiego;
  • Volontari;
  • Persone che esercitano funzioni di datore di lavoro.

Obblighi per i datori di lavoro

Con l'adozione della Convenzione ILO 190 e la sua integrazione nei percorsi di formazione obbligatoria previsti dal nuovo Accordo Stato-Regioni del 2025, i titolari delle aziende assumono un ruolo centrale nella prevenzione e nel contrasto di ogni forma di violenza e molestia sul lavoro. Non si tratta di un obbligo solo morale, ma anche giuridico, che implica l'adozione di misure concrete, proporzionate al contesto aziendale e al livello di rischio. Nello specifico, ecco cosa devono fare i datori di lavoro:

  • adottare una politica aziendale chiara e condivisa contro la violenza e le molestie, definendo i comportamenti non tollerati, le procedure di segnalazione e le conseguenze disciplinari;
  • integrare i rischi di violenza e molestia, comprese quelle di genere, nella valutazione dei rischi aziendale, all'interno del DVR, in particolare nell'ambito dei rischi psicosociali;
  • individuare e valutare i pericoli specifici legati al contesto lavorativo (es. lavoro isolato, contatto con il pubblico, squilibri gerarchici, ambienti a prevalenza maschile);
  • informare e formare in modo chiaro e accessibile tutti i lavoratori e le lavoratrici sui comportamenti da adottare, sui loro diritti e sulle modalità per chiedere aiuto o segnalare un problema;
  • garantire la riservatezza e la protezione di chi segnala episodi di violenza o molestia, per evitare ritorsioni, isolamento o discriminazioni;
  • assicurare l'accesso a canali di supporto e assistenza, anche tramite figure interne (es. referente aziendale) o risorse esterne (psicologi, consulenti, enti pubblici);
  • prendere provvedimenti chiari e coerenti contro chi commette atti di molestia o violenza, anche se non formalmente dipendente (es. collaboratori, clienti, fornitori).

Come gestire i casi di violenza o molestia sul lavoro

Anche con le migliori misure di prevenzione, può accadere che si verifichino episodi di violenza o molestie. Per questo, ogni datore di lavoro deve essere pronto ad affrontare tempestivamente e in modo strutturato le segnalazioni o i casi accertati. Una gestione efficace ha due obiettivi principali:

  • Tutelare chi subisce l'abuso, garantendo ascolto, sicurezza e sostegno.
  • Agire nei confronti del comportamento scorretto, secondo le regole e i principi della normativa vigente e del codice disciplinare.

Per far comprendere meglio ai datori di lavoro come comportarsi in caso di molestie sul lavoro, abbiamo stilato un elenco di fasi da seguire:

  1. Ricezione della segnalazione
    Deve avvenire tramite un canale sicuro, riservato e accessibile, avendo cura che la persona che segnala si senta tutelata e ascoltata, anche se preferisce restare anonima;
  2. Valutazione preliminare
    La segnalazione va esaminata con imparzialità coinvolgendo figure esterne o un comitato etico qualora necessario. In questa fase non si cerca ancora la "colpevolezza", ma si valuta se il caso ha elementi per essere approfondito.
  3. Accertamento dei fatti
    Si procede con l'ascolto delle parti coinvolte, la raccolta di prove o testimonianze e l'eventuale ricostruzione degli eventi, nel rispetto della privacy e della dignità di tutti.
  4. Misure cautelative
    In situazioni critiche, può essere necessario adottare soluzioni temporanee: cambio di mansione, sospensione cautelativa, allontanamento del presunto responsabile. Queste azioni vanno motivate e proporzionate.
  5. Conclusione dell'istruttoria e provvedimenti
    Se la molestia è accertata, devono essere applicate le sanzioni previste, che vanno dal richiamo formale al licenziamento nei casi più gravi.
  6. Verifica dell'efficacia
    È buona prassi monitorare nel tempo la situazione per evitare nuove tensioni o episodi di ritorsione, garantendo un rientro sereno sul luogo di lavoro.

Specifichiamo che questo è un esempio generico di prassi operativa, ma non esiste una "formula unica" adatta a tutti i contesti. Ogni organizzazione deve costruire il proprio modello di gestione, chiaro e coerente con le dimensioni aziendali, il contratto collettivo applicato e la struttura interna.

Cosa rischia il datore di lavoro in caso di omissione?

Se il datore di lavoro non interviene in presenza di episodi di violenza o molestie, può essere ritenuto civilmente e penalmente responsabile, anche se non è l'autore diretto del comportamento. In particolare:

Responsabilità civile (art. 2087 c.c.) per non aver garantito l'integrità fisica e morale del lavoratore.
Responsabilità penale: se il comportamento omissivo ha favorito la violenza, si può configurare un concorso nel reato (es. lesioni, molestie, violenza privata).
Responsabilità penale se il comportamento omissivo ha favorito la violenza, si può configurare un concorso nel reato (es. lesioni, molestie, violenza privata).
Sanzioni amministrative previste dal D.Lgs. 81/2008 se non è stata fatta una valutazione dei rischi completa, o se manca la formazione specifica.
Rischio reputazionale e risarcitorio in caso di denuncia, l'azienda può subire danni d'immagine e dover risarcire il lavoratore o la lavoratrice.

In sintesi, l'inerzia espone a gravi conseguenze, non solo legali ma anche organizzative e reputazionali. Agire non è solo un obbligo, ma una tutela per tutti.

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